Carmelo Andreatta, di Vattaro, nel 1974 record su pista l’uomo dai molti traguardi: uno dei pionieri dell’ultra italiana e un uomo generoso !! ……
Correva il 13 ottobre del 1974, quando un finanziere di 51 anni, il Maresciallo Carmelo Andreatta, si apprestava a concludere un’impresa quanto meno insolita: correre per 24 ore consecutive sulla pista del Campo Scuola di Trento con lo scopo di percorrere il maggior numero possibile di chilometri.
Carmelo non solo riuscì a portare a termine la www, ma ottenne anche la migliore prestazione italiana sulla distanza: 226.544 metri, battendo il precedente record Italiano delle 24 ore di Km. 224, 270 detenuto da Claudio Sterpin.
Carmelo Andreatta, nato il 17 febbraio 1923 a Vattaro piccolo paesino montano in provincia di Trento, è sempre stato una persona amante dell’avventura, del brivido, delle sfide e, anche per queste sue caratteristiche, è diventato realmente uno dei pioneri italiani nella corsa sulle lunghe distanze negli anni 1974-1977.
Proprio per questo ci siamo recati dal maresciallo maggiore della Guardia di Finanza Carmelo Andreatta per intervistarlo e farci raccontare la sua storia.
Carmelo ci ha accolti nella sua casa di Predazzo (Trento) con un molto calore, forse anche con un po’ di nostalgia e malinconia, però con molta passione e pieno d’entusiasmo per il trascorso della sua vita.
Appare come una persona serena che, nella sua vita, è riuscito a fare le cose che più gli piacevano con capacità, preparazione e successo .
In giovane età, entrato nell’aviazione come paracadutista, ha eseguito il suo primo lancio a 19 anni, mantenendopoi a lungo la passione per questo speciale “brivido”: di lanci, ne ha fatti ben 185 ( di cui l’ultimo a 60 anni).
Ha partecipato alla seconda guerra mondiale dove è stato ferito gravemente; guarito, è rimpatriato dall’Africa per rimanere ferito lievemente altre due volte.
Conclusa la guerra, venne arruolato nella Guardia di Finanza, dove per le sue capacità è diventato maestro di sci e guida alpina .
Nel 1952 ha sposato Dora che, purtroppo, è morta nel 1994, lasciandolo nel più profondo dolore.
Ha comandato il Soccorso Alpino per ben 10 anni e qui ha insegnato a sciare a molti molti finanzieri.
Il suo carattere è sempre stato forte, determinato ed esigente, tutte qualità per le quali è stato sempre apprezzato.
Ha fatto la controfigura in ben quattro film di montagna.
Ha anche conseguito il brevetto antimina.
Il 1974 è stato l’anno in cui ha esordito nelle lunghe distanze e, in particolare, con quattro prestazioni nelle 24 ore e sette nella 100Km.
Con molto entusiasmo ci racconta di queste gare, di come si preparava fisicamente e psicologicamente. Ha destato in noi impressione sapere che lui si allenava a piedi nudi, anche sulla neve, per rinforzarli e per prepararli alla gara.
Faceva molti allenamenti, lunghi, di notte, per abituarsi a restare sveglio e alle sensazioni della solitudine.
Nella sua preparazione è stato aiutato da un suo collega ex-maratoneta, il sergente Tota.
Sulle pareti del suo soggiorno sono in bella mostra diplomi, piatti, riconoscimenti, fotografie, coppe medaglie ecc..
E Carmelo rivive bei ricordi ogni qual volta i suoi occhi sfiorano questi oggetti.
Nonostante la sua età avanzata è ancora molto lucido e con tanto orgoglio ci racconta cosa sta dietro a ogni targa: il risultato, la fatica, qualcuna delle persone presenti, alcune motivazioni e delle sue osservazioni …..
Ma Carmelo Andreatta non vive solo di ricordi: tutt’altro!
Dal 1996, si è impegnato in un progetto umanitario.
Trascorre nove dieci mesi all’anno in un paesino sardo, S.Vero Milis, in una comunità di bambini abbandonati o con disagi fisici o psichici.
Lì, è disponibile a dare il suo aiuto per qualsiasi cosa ed è soprannominato “nonno” Carmelo. Il Comune, come segno tangibile della sua riconoscenza, gli ha voluto dare la cittadinanza onoraria.
Tra le diverse targhe in mostra sulle pareti di casa, siamo stati colpiti in modo particolare da una con la scritta “Nonno si nasce non si diventa”, che gli è stata regalata dai bambini del suo villaggio.
Di noi due che scriviamo, é Maria Teresa a sentirsi legata a lui, in modo particolare poichè, quando decise di preparare la sua prima 24 ore, sapendo delle sue imprese, volle telefonargli per chiedergli un incontro.
E così fu.
In quell’occasione Carmelo fu di grande aiuto a Maria Teresa, dandole informazioni e consigli che le furono preziosi. Tra le tante indicazioni pratiche, le passò anche le tabelle dei suoi passaggi per ricavarne una che più le si adattasse.
In occasione delle sue prime quattro 24 h, Carmelo ha onorato Maria Teresa della sua presenza e compagnia e, in special modo, le prime due le fece quasi tutte di corsa accanto a lei.
Ancora oggi, Maria Teresa gli è grato di questa speciale generosità, con quella gratitudine che solo si può rivolgere ai Maestri e ai personaggi straordinari.che, senza saperlo, sono dotati di grande carisma.
NdR – Riceviamo e pubblichiamo volentieri il bel contributo di Maria Teresa Nardin e di Franco Bini, ricordando qui che entrambi fanno parte dello Staff IUTA.
La storia dell’ultramaratona italiana meriterebbe, oggi, un’attenzione maggiore non solo tra gli specialisti e i cultori della corsa sulle lunghe distanze, ma anche da oarte dei media, anche al di fuori della stampa specializzata. Molti ultramaratoneti italiani hanno realizzato grandi imprese, stabilito nuovi limiti e lanciato nuove sfide. Queste loro imprese non possono essere ricordate soltanto con le statistiche e i report delle misurazioni registrate (distanze percorse, andature al km, passaggi, progressioni), ma devono essere “narrate” più estesamente, facendo emergere i personaggi, gli Uomini che le hanno compiute. Già, perchè molto spesso, questi uomini che hanno scritto pagine memorabili dell’ultramaratona italiana sono anche, autenticamente, degli uomini “straordinari” che hanno dimostrato di possedere tenacia, coraggio, determinazione, generosità, non solo nella corsa ma nella loro intera vita, vissuta coerentemente e – spesso – senza magniloquenze e protagonismi. Si è trattato spesso di uomini “dai molti traguardi”, come insegna Pietro Mennea che, con un record del mondo rimasto imbattuto per quasi due decenni, per tanto tempo ha portato su di sé l’onore di essere “l’uomo più veloce del mondo”. Mennea, interrogato sul significato del dito alzato ogni volta quando, vincente, tagliava il traguardo, risponde sornione: “Ancora non ve lo posso dire, ho molti traguardi da raggiungere, molte corse da correre.” (in un intervista resa in passato, egli aveva dichiarato che di questo gesto avrebe svelato il segreto quando avesse finito di correre).
Carmelo Andreatta sembra possedere appunto le qualità del personaggio dai molti traguardi. E’ stato modesto, eppure vitale, dotato di carisma, generoso: si capisce bene che sta ancora correndo la sua corsa.
Le ultramaratone, ancora più che la maratone, racchiudono in forma contenuta (con il tempo necessario per percorrere una distanza di 100 km oppure con le 24 ore di corsa consecutive, per citare le due maggiori competizioni di ultra) una rappresentazione della vita, con le sue crisi, le sue difficoltà, ma anche i momenti di benessere, di gioia e forse anche di felicità. Correndo un’ultramaratona, in quell’arco di tempo dato in cui si sviluppa la gara, si vivono e rivivono molte vite e, forse proprio per questo, le ultramaratone forgiano alla vita, insegnando a vivere meglio, affrontando le avversità con un pizzico di ottimismo e di forza in più, in vista di un traguardo che si reputa importante.
Credo che, proprio per questo, molti tra quelli che hanno vissuto l’esperienza delle ultramaratone, ancor più delle maratone (troppo viziate da un eccesso di agonismo e di ossessione cronometrica) sono più sereni ed equilibrati della media, perchè – correndo – hanno imparato che i traguardi si conquistano dopo aver percorso lunghe distanze, lottando con se stessi, con le avversità e gli imprevisti.